Miti. La pioggia le nuvole e i lampi

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    Miti. La pioggia le nuvole e i lampi



    tlaloc

    Tlaloc


    Quasi tutte le popolazioni centroamericane hanno condiviso la credenza in un grande dio, signore del fulmine e dispensatore delle piogge tempestose, la cui dimora veniva in genere collocata nella parte orientale dell'oceano. Questo dio prendeva il nome di Tlaloc presso gli aztechi, di Aktsin per i totonachi, di Tzahui per i mixtechi, di Cocijo per i zapotechi e di Nohotsyumchac per i maya. Sembra che le sue più antiche raffigurazioni sembrano quelle della divinità-giaguaro degli olmechi degli inizi del primo millennio avanti Cristo, un personaggio per metà felino e per metà umano, riconoscibile dalle labbra carnose e dalle commessure volte all'ingiù. Di qui sono probabilmente nate le raffigurazioni più tarde di questa divinità fra le varie popolazioni centroamericane. Si riteneva che tutte le acque derivassero dal mare teoatl, l'<<acqua divina>>. L'acqua costituiva un elemento prezioso, indispensabile alla vita vegetale e all'agricoltura. Aveva come simboli la pietra di giadeite verde, le piume verdi dell'uccello quetzal. Presso gli aztechi, la dea dalle gonne ingioiellate di giadeite, Chialchihuitlicue, associata alla luna, costituiva l'essenza stessa dell'acqua del mare, dei laghi, dei fiumi. La laguna di Città del Messico veniva indicata con il nome di Metzli apan, <<il luogo dell'acqua della luna>>. Secondo i Cahchiquel del Guatemala, la luna è la signora del lago di Atitlàn e regna sul mare. Ovunque l'acqua era posta sotto il patronato di divinità femminili. Una statua colossale di Teotihuacàn viene generalmente interpretata come una raffigurazione della dea delle acque.

    Il grande dio della tempesta dimorava, secondo varie tradizioni, in mezzo all'oceano, in un paradiso di abbondanza e di fertilità che gli aztechi chiamavano Tlalocan. Si tratta di un dio che si scomodava solo eccezionalmente e si manifestava soprattutto all'inizio della stagione delle piogge, con boati lontani di tuono che sembravano riempire l'atmosfera e che venivano paragonati ai ruggiti del giaguaro. Aveva accanto a sé, per lo meno nella stagione secca, i suoi messaggeri Tlaloque degli aztechi, Chac dei maya. Si diceva a volte che si trattasse delle anime divinizzate degli uomini che erano morti annegati, fulminati o di idropisia. Si riteneva inoltre che questi piccoli dei dimorassero ai quattro punti cardinali, donde l'antico simbolo della croce cosmica. Quando giugevano nel Paese degli uomini si rifugiavano dentro le montagne, che si credeva fossero piene d'acqua o nelle doline dell'altopiano calcareo dello Yucatàn.
    Chac e Tlaloque brandivano il fulmine in forme di armi lucenti di asce di pietra o di bronzo. Si pensava che trasportassero l'acqua piovana in orci o borracce, oppure dentro sacchi di stoffa. Erano benefattori dell'umanità, ma se erano in collera con essa potevano provocare siccità disastrose o inviare soltanto piogge nefaste, nebbie o muffe che comportavano la perdita dei raccolti.

    Bambini e giovani vergini costituivano le vittime designate da queste divinità acquatiche, con le quali si identificavano con l'apoteosi sacrificale. Tali pratiche sono state soppresse dalla conversione al cristianesimo e sono attualmente sostituite da semplici offerte di cibo e bevande, tuttora molto diffuse, soprattutto nei periodi di siccità. Le credenze relative alle divinità della pioggia, del fulmine e dell'acqua sono infatti conservate fino ai giorni nostri in numerosi gruppi indigeni centroamericani, non senza tingersi talvolta di elementi europei. Così, ad esempio, la dea dell'acqua è diventata spesso la <<sirena>>. Nello Yucatàn, i maya concepiscono ora i Chac come cavalieri, armati di spade o di machete fiammeggianti, con alla loro testa l'arcangelo San Michele.

    [continua...]


    Note bibliografiche

    Bonnefoy,Y. Dizionario delle mitologie e delle religioni, volume A - E, BUR rizzoli, terza ed., Milano, 2010.



    Edited by Supernova82 - 17/2/2017, 21:52
     
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    [...segue]

    Un ulteriore aspetto del culto dell'acqua è dato dalla sua funzione rituale e lustrale, per cui talvolta si ricorre all' <<acqua vergine>>, la zuhuy ha dei maya, che sgorga da una fonte o da una caverna non contaminata dal contatto frequente con gli uomini. Fin dalla nascita, il neonato indigeno veniva immerso (e lo è tutt'ora), insieme alla madre, nel bagno di vapore comunemente detto temascal. In seguito, sarà l'acqua a lavarne il corpo e a contribuire a mondarlo delle sue colpe. Talvolta, addirittura, nello Yucatàn, il cadavere dei defunti viene lavato subito dopo il decesso e quest'acqua, mescolata alla pasta di mais, viene consumata dai parenti del defunto, che in tal modo si assumono parte dei suoi peccati.
    L'acqua è principio di vita, di morte e di resurrezione. Può mitigare l'ardore del sole e provocare il diluvio. E' veramente feconda soltanto se unita al fuoco, come nella tempesta o nel bagno di vapore. Appunto questa unità dei contrari veniva espressa dal segno atlachinolli, il glifo della guerra rituale, ritenuta redentrice dell'umanità.

    In Mesoamerica i venti si ricollegano a un'ideologia complicata e non ben conosciuta. Sono innanzitutto connessi ai punti cardinali. Gli attuali maya collocano i loro dei dei venti nel secondo cielo e quelli del fulmine nel sesto. Gli antichi testi che si riferiscono ai maya non distinguono bene fra i pauahtun, gli dei dei venti, i bacab, che sorreggono il cielo, e i chac, gli dei della tempesta. Gli attuali totonachi fanno dei venti i compagni dei tuoni.
    Aztechi e otomì dicevano che i venti avevano la funzione di spazzare il cammino degli dei delle acque perché questi ultimi potessero far piovere.
    La tradizione azteca attribuiva ai venti caratteristiche molto diverse, collegate alle direzioni dello spazio dal quale soffiavano. L'unico vento favorevole era quello dell'est, che veniva dal Tlalocan. Il vento dell'ovest era freddo, ma abbastanza benigno. I venti del nord e del sud erano nefasti e distruttivi.
    Il nesso tra il vento e il soffio vitale è senz'alto sufficiente a spiegare come mai Quetzalcoatl-Ehecatl, il dio del vento azteco, sia raffigurato nel Codice Borgia come un dio della vita contrapposto a Tezcatlipoca, rappresentato con gli attributi della morte. La personalità di Quetzalcoatl era estremamente complessa, ma presentava soprattutto aspetti fausti.

    Il vento però poteva portare malefici, introdurre spine nel corpo umano e contribuire a fare smarrire l'anima. Le proprietà malefiche attribuite al vento si sovrapponevano alle credenze popolari spagnole sulle <<arie cattive>>, assimilate ovunque senza difficoltà.

    M. A. E. F. M.


    Note bibliografiche

    Bonnefoy,Y., Dizionario delle mitologie e delle religioni, volume A - E, BUR rizzoli, terza ed., Milano, 2010.

     
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  4. Angela Maria Roncalli
     
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    Buonasera,
    credo che i miti, come parti più estese delle leggende abbiano sempre del vero, il tutto sta nel saper carpire tra le righe oppure il saper leggere meramente ciò che la mitologia espone... con un punto di distacco onesto e critico.
    Un tempo, ciò che si osservava e si cantava come veniva interpretato e spiegato? Per me l'inghippo è tutto qua!! ;)
     
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  5. Sara Lee
     
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    eh già
     
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  6. Adelaide Spitzer
     
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    esaltante i miti e le leggende mi sono sempre interessate, questo pot mi esalta :)
     
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5 replies since 17/2/2017, 16:18   169 views
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