Mitologia albanese

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    Mitologia albanese


    Katallā

    La mitologia albanese non č ancora stata oggeto di una monografia e vorrei riportare qualche nozione traendo liberamente le nozioni dal Dizionario delle Mitologie e delle Religioni della BUR.

    Si puņ affermare che si tratta di una mitologia di tipo pagano balcanico. Le religioni monoteiste che si sono sovrapposte nel territorio - cattolica nel nord, ortodossa nel sud, islamica nel paese intero - hanno certamente apportato influenze sulla sua natura. La storia degli albanesi, la cui origine risale alle migrazioni indoeuropee nei Balcani, č un susseguirsi d'invasioni di popoli circostanti: romani nell'antichitą, slavi, greci e italiani nel Medio Evo, turchi all'inizio dell'Era Moderna. Pertanto c'č da aspettarsi molti elementi di sincretismo, ovvero di convergenza, all'interno della mitologia del luogo. Si puņ parlare di strati allogeni sviluppati attorno all'asse di una costante facilmente identificabile: il culto del genio della stirpe.
    Le divinitą di questa mitologia sono quasi tutte di origine pagana. Comprendono oreadi (nuset e malit, alla lettera <<le ninfe delle montagne>>) e naiadi (kėshėte), ma anche silfidi (shtojzavalle) e fate (zanė). Vi si incontrano giganti nefasti (baloz, katallā, ma anche gnomi che si divertono a fare dispetti alle persone (thopē). Troviamo anche il lupo mannaro (karkanxhol), e una variante di Pollicino (kacilmic). Abbondano i mostri (pėrbindsh): orchi (gogol), idre (kuēedėr), chimere (lubi). Le metamorfosi sono frequenti: l'uomo si trasforma in cervo, in orso, in gufo: la donna in donnola, in cuculo, in tortora. Le divinitą possono avere una forma umana (nana e votrės, <<madre del focolare>>), o animalesca (vitore, una specie di serpente). S'immolano animali (donne, un tempo) sulle fondamenta di un edificio; si praticano incantesimi (per esempio, per rendere impotente un uomo). Vi sono canti di esorcismo, altri per provocare la pioggia. Si spara contro la luna in eclissi, per spaventare i lupi che l'hanno assalita. Agli oggetti magici - specchi, amuleti, anelli - spetta una funzione importante. Si crede nel malocchio (syni i keq), e nei sogni premonitori; nel potere delle pietre, delle erbe. Ma, soprattutto, nel potere dell'eroe.

    Il culto dell'eroe, attestato da una lunga tradizione nazionale, che si riflette sia nell'epica popolare che nel diritto comune, ha conservato il proprio carattere mitico in certe zone dell'Albania settentrionale. Protetti da scoscese montagne, i loro abitanti sono stati in grado di resistere alla colonizzazione romana e slava, e hanno persino potuto conservare una certa autonomia durante la dominazione turca. Questi pastori del nord, in maggioranza cattolici, continuano a chiamarsi Uk, <<lupo>>, Dash, <<montone>>, Shpend, <<uccello>>, Sokol, <<falco>>: venerano il fuoco (sputarvi sopra č tabł); giurano "per il cielo e per la terra"; piangono i loro morti graffiandosi il viso secondo un rituale che č un resto di danza; credono nei genii del luogo, negli spiriti, nei demoni, nelle streghe, nei vampiri. Totemismo e animismo si mescolano con i miti classici e con le leggende medioevali.

    Ulisse e Perseo hanno i loro equivalenti. Il Polifemo albanese si chiama Katallā, ricordando cosģ le atrocitą perpetrate dai mercenari catalani nel XIV secolo. La zanė, patrona degli eroi, si avvicina a Diana, che etimologicamente (la dea romana č accompagnata da una cerva, e l'animale della divinitą albanese č una capra selvatica), mentre nelle sue funzioni corrisponde alla fata slava, la
    vila. La parola stessa shtojzavalle č un caso di sincretismo pagano-cristiano: <<shtoj, Zot, vallet>> si traduce letteralmente <<moltiplica, Dio, i loro cori>>.
    Molte di queste credenze pagane sono comuni a diversi popoli balcani; altre invece hanno origine latina e forse celtica. In che cosa, allora, la mitologia albanese presenta una fisionomia propria, particolari caratteri distintivi?
    In questa mitologia non esistono dei. Le sue divinitą sono secondarie e non hanno un nome proprio, oppure il loro č un nome collettivo. Si giura per il cielo e per la terra, si invoca il sole, la luna; ma si tratta soltanto di personificazioni di elementi o di oggetti fisici, e non di persone. Tra gli elementi, predomina la terra a cui si riferisce l'attributo superlativo dell'eroe o dell'eroina: burri i dheut, <<il prode della terra>>, e bukura e dheut, <<la bella della terra>>. Il <<giuramento sulla pietra>>, beja mė gur, č solenne (Gjeēov, 534). Colui che giura sulla terra viene pietrificato, se non tien fede al suo impegno (le zanė hanno la facoltą di pietrificare con lo sguardo). Si trovano cumuli di pietre (muranė) nei luoghi in cui qualcuno č stato ucciso per vendetta (Ēabej 260). E gli uomini lanciano pietre per dar sollievo alla propria stanchezza (me lanė pritesen). un altro suo carattere distintivo č l'assenza di una vita d'oltretomba. Il cielo non ha nulla di celeste, e non esiste inferno. La credenza nei fantasmi (kukuth, lugat, vurkollak) č diffusa: ma il fantasma č un'anima in pena, che la terra respinge a causa di qualche grave misfatto. Quest'anima č un'ombra (hie) , o uno spettro (abe), un involucro corporeo dotato di un avanzo di materia (č in grado di sollevare pesi).
    La mitologia albanese, fiabesca e demoniaca, ma senza dei e senza escatologia, e in cui la concezione stessa dell'anima č puramente negativa, č quindi del tutto terrestre e strutturata sulla bipolaritą etica del bene e del male. Da una parte c'č un mostro, l'idra ( kulschedėr o kuēedėr, mamadragė), rappresentata sotto la forma di un serpente a sette teste, che prosciuga le acque e avvelena l'aria. Dall'altra c'č l'eroe mitico, che l'affronta nella sua grotta e l'uccide. Nel sud, dove il potere del sultano ha sostituito quello dell'imperatore bizantino, questo campione č spesso nobile (<<figlio del re>>), mentre nel nord č un figlio del popolo nato drangue (dal latino draco).

    L'uomo-drago, avendo ali sotto le braccia, puņ volare. Si riconosce qui il mito di Ercole in lotta contro l'idra, mito che diventa poi quello di San Giorgio uccisore del drago. San Giorgio č molto popolare in Albania, e la sua festa coincide con l'avvento della primavera. Giorgio (Gjergj) č anche il nome di un eroe, il quale libera il suo paese da un <<mostro nero uscito dal mare>>, in quella che č forse la pił bella delle rapsodie albanesi (KK 5). La mitologia albanese, il cui monumento č il ciclo delle rapsodie del nord, esalta una concezione di vita eroica decisamente nazionale. Gli eroi principali di questo ciclo, Muj e Halil, hanno nomi musulmani, tratti dai canti epici della Bosnia, dai quali č presa a prestito anche la metrica (le rapsodie vengono cantate al suono della lauthė, la gusla albanese).
    Ma questi elementi allogeni non intaccano affatto il sostrato autoctono dei canti mitici. Muj č un pastore che le fate della montagna, in cambio di un servizio ricevuto da lui, hanno dotato di una forza sovraumana: egli č capace di sradicare le querce (KK 7). Un'altra rapsodia attribuisce tale forzaalla sua abilitą di cacciatore: egli č riuscito a catturare le tre capre dalle corna d'oro in cui si cela il potere delle fate (KK 1). Muj massacra i propri nemici, gli slavi, ma non senza subire smacchi. Una rapsodia lo rappresenta gravemente ferito, in compagnia del suo spirito tutelare, l'orė, tra un serpente che lo cura e un lupo che lo custodisce (KK 23).
    Quando muore, il nemico va a provocarlo nella sua tomba. Muj si risveglia e invoca, per mezzo di un uccello, l'aiuto di Halil, il quale uccide lo slavo e disseppellisce il corpo del fratello (KK 32). Muj ritorna in vita. Un giorno, sperimenta sulla sua mano la stessa potenza della polvere da sparo.. Quando vede la sua mano perforata, capisce che il suo tempo č compiuto. Scompare allora sottoterra, come Edipo a Colono, per attendere il ritorno dell'etą eroica sulla terra (KK, Prefazione).
    Muj non č certo l'unico rappresentante di questa mentalitą eroica. Un altro esempio č quello dell'eroe nazionale stesso, Giorgio (Gjergi) Castrioti, soprannominato Scanderberg (1405 - 1468 ). L'umanista albanese Marinus Barletius, scrivendo la prima storia romanzata dell'eroe (circa 1510), racconta che sua madre sognņ di mettere al mondo un drago, il cui corpo ricopriva l'Albania intera, e la cui bocca divorava i turchi. Il popolo ha elaborato questo mito, e ha fatto di Scanderberg un titano capace di soffocare tra le braccia cinquanta persone, e con baffi <<lunghi quattro palmi>>. Egli scaglia contro i nemici che lo assediano rocce <<grandi come case>>; e ferma <<con una pedata>> le acque di un fiume, perché i turchi non passino. E' invlulnerabile, essendo <<nato con la camicia>>, vale a dire avvolto nella placenta (le me kėmische). Il suo cavallo vola di roccia in roccia, lasciando nell'atterrare, le impronte dei suoi ferri, ancora visibili oggi. Quando muore, anche Scanderberg viene dissepolto dal popolo, che con le sue ossa si fabbrica talismani (Sca 113; 116, 113; 24; 25; 127; 206).

    A.P.





    Riferimenti bibliografici:

    Bonnefoy, I., Dizionario dei miti e delle Religioni, A - E, ALBANIA. La mitologia (pp. 16-19), BUR rizzoli, Milano, 2001.
     
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  2. black_ghost
     
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    Molto bello.
    Non conoscevo il folklore albanese, sono spinto ad approfondire.
    Grazie per l'articolo :)
     
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  3. Sara Lee
     
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    Ciao Supernova, ottima fonte bibliografica.

    Peccato non esista una reale bibliografia completa della mitologia albanese, e ciņ č dovuto al fenomeno allogeno della societą del luogo, multiculturale e quindi basata su molte fusioni tra un rimando e un altro. Ed č proprio in queste situazioni che il folklore si anima. Bisognerebbe partire e andare in Albania a capire bene ;)
     
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2 replies since 12/10/2016, 13:54   2430 views
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